Il Terzo Settore… nella stanza dei bottoni?

Titolo: scatola_bottoni

Come ogni elezione che si rispetti, anche le politiche 2013 stanno reclutando esponenti del terzo settore tra i candidati. Oltre una decina i soggetti, anche molto importanti, del privato sociale che vedranno i propri vertici “decapitati” dal miraggio di collocare nella “stanza dei bottoni” personaggi che, anche da molti anni, stanno facendo, bene, la politica e gli interessi dei cittadini più fragili e stanno perseguendo, con impegno e fatica, il “bene comune”.

In molti casi si tratta di una “continuità” perché da decenni i vertici di alcune associazioni di promozione sociale vengono catapultati in politica con la forza di folte truppe cammellate; in altri casi si presentano personaggi con un glorioso passato nel non profit, ma già da tempo inseriti (con quei “titoli”) nella nomenclatura di organismi parapubblici; in qualche caso la candidatura ha sorpreso e scontentato la base associativa che non comprende e non condivide il “salto”; in qualche altro ci si arrampica sugli specchi spiegando alla base che, “avendo ottenuto qualcosa bussando al potere della politica”, sicuramente si otterrà di più se si scende/sale/entra in campo…
Con un po’ di memoria storica si può facilmente argomentare che molto difficilmente questi bravissimi ed encomiabili esponenti del terzo settore avranno modo di orientare le politiche: verso la salvaguardia dei diritti dei più deboli, verso l’inclusione sociale, verso un ambiente più sano e città più vivibili, verso servizi sociali, sanitari, educativi più stabili, qualificati, organizzati e integrati… Chi ci ha provato, negli anni passati, ha ingrossato le fila dei dignitosi “peones” che hanno fatto il loro dovere di parlamentari, magari “portando a casa” qualcosa per i legittimi e qualificati interessi di chi li ha votati o, ma sono veramente “mosche bianche”, diventando “intellettuali disorganici” di apparati politici macinatutto, che mantengono lucidità e credibilità, ma troppo spesso solo a livello di cultura “alta”, senza modificare le scelte politiche e le prassi concrete della collettività, senza incidere sulla quotidianità dei cittadini.
Quando la “politica” del servizio, dell’azione volontaria, dell’advocacy, della cooperazione sociale, della promozione sociale, della sfida culturale di chi quotidianamente contribuisce alla formazione di una cittadinanza accogliente e solidale e all’accompagnamento verso l’emancipazione di esclusi ed emarginati… è passata alla “Politica”, non è riuscita, a mio modo di vedere, a conseguire risultati equivalenti ai cambiamenti epocali, sul piano della cultura diffusa, degli stili di vita, e in definitiva della Politica, che il volontariato, la cooperazione sociale, l’associazionismo hanno sapute determinare in questi anni, con la propria azione giocata sempre tra utopia e quotidiano.
Io non sono tra quelli che pensano che il terzo settore debba diventare un soggetto politico autonomo, perché sono convinto che a fianco della Politica delle istituzioni e dei partiti debba esserci anche la politica delle formazioni sociali e dei cittadini. Onestamente non sono neanche favorevole alle lobbies buone, perché non condivido l’idea che ci possa essere qualcuno (anche “buono”, anche “amico”, anche “giusto”) che eserciti una pressione per far pesare non tanto il valore di principi e idee, ma il numero dei voti o la forza di un potere esterno e, magari, trasversale alle posizioni politiche.
È pur vero che alcune buone leggi sono fatte non tanto perché c’erano esperti (o “tecnici”) in Parlamento o al Governo, ma perché c’erano buoni Politici che hanno saputo ascoltare e farsi convincere da tanti validi esponenti della società civile e, quindi, certamente può stare legittimamente, anche, in parlamento chi ha cercato e saputo “dare voce a chi non ha voce”. Ma io penso che queste capacità sono più utili se continuano ad “insegnare a parlare” ai poveri, perché solo se si dà la parola ai poveri potranno, essi, esprimere in maniera adeguata i propri valori e, quindi, andare a farli valere “dentro” le istituzioni, senza intermediari o portavoce, seppur buoni.

Il Terzo Settore… nella stanza dei bottoni?
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