La legge 184: un percorso storico esistenziale dal 1983 ad oggi

Il Tavolo Nazionale Affido, il 4 maggio 2023, in occasione del 40 anni dall’approvazione della L. 184/83 “Diritto del minore ad una famiglia” ha organizzato un convegno nella Sala della Regina della Camera dei Deputati, a Roma.

Mi è stato chiesto di tenere una relazione, sono stato onorato e felice di farlo.

Sul sito del TNA si possono trovare: la registrtazione del Convegno, gli interventi, le fotografie, la rassegna stampa. Mi piace però condividere il mio intervento anche qui, tra i miei pensieri, in cammino…

> Il senso e i “sentieri” che ripercorre il contributo

  • L’Affidamento Familiare è un segno concreto di una modalità “normale” di garantire i diritti fondamentali a minorenni in difficoltà, a partire da quello di crescere in una famiglia e di sperimentare una cultura solidale sul territorio.
  • Il Convegno a 40 anni dall’approvazione della Legge sull’Affidamento Familiare non è una “festa di compleanno”.
  • Non è un ricordo o una celebrazione, ma è “fare memoria” cioè: ricordare per (ri)conoscere e capire il passato, comprendere il presente e orientare il futuro.
  • Fare memoria non solo di date istituzionali, importanti perché riferite alla storia delle “norme” sull’Affidamento Familiare, ma anche di date esistenziali, con eventi e, soprattutto, incontri, che segnano i cambiamenti anche culturali della nostra vita collettiva, a partire dalla storia… e dal futuro, dell’Affidamento Familiare.

Con un piede nel passato
e lo sguardo dritto e aperto nel futuro
(P.Bertoli)

 Affidamento Familiare: 40 anni e non li dimostra, purtroppo

Dopo 40 anni l’Affidamento Familiare dovrebbe essere una pratica “matura”, stabile, consolidata, diffusa omogeneamente sull’intero territorio nazionale, ma così non è…

L’Affidamento Familiare ha attraversato (e “risentito” di) tutte le fasi di evoluzione e di involuzione del sistema di welfare del nostro Paese; essendo però spesso “marginale” rispetto alle “agende politiche” e alle “priorità” di molti operatori è stato oltremodo penalizzato.

Fin dall’inizio l’Affidamento Familiare ha scontato una serie di “scarti” tra affermazioni di principio e comportamenti operativi, a diversi livelli: primato dei bambini e “senso”/”significato” di famiglia – solidarietà personale, familiare e civile (aggravata dalle crisi che ormai sono diventate una costante della nostra vita personale e collettiva) – inerzia e mancanza di coordinamento “cronici” nella Pubblica Amministrazione e con le formazioni sociali…

Il rapporto sbilanciato tra gli affidi consensuali e gli affidi giudiziari (da 1 a 3 a 1 a 4) è, tra gli altri, il segno di: una diffidenza culturale per l’accoglienza familiare da parte di tanti attori pubblici, uno scarso impegno, anche in termini di risorse (almeno fino ad ora) per il sostegno alle famiglie di origine e, quindi, per evitare l’allontanamento dei minorenni.

Anche dai pochi, “freddi numeri” emergono alcune indicazioni sulle ragioni dello scarso “decollo” dell’Affidamento Familiare nel nostro Paese. Infatti, dove amministratori, operatori, magistrati e volontari hanno creduto nell’Affidamento Familiare e hanno investito e lavorato per la realizzazione di questo intervento, i risultati ci sono stati.

L’Affidamento Familiare è una risposta: impegnativa ed accurata, delicata e forte, rispettosa e articolata.

I modi di fare Affidamento Familiare ancora troppo spesso sono caratterizzati da: confusione, disattenzione, improvvisazione, superficialità rispetto a soggetti, progetti, azioni…

È per questo che, dal racconto del percorso storico esistenziale di 40 anni dalla L. 184/1983, emerge la necessità di un “monitoraggio” permanente, di interventi di “manutenzione” culturale e istituzionale sul tema dell’Affidamento Familiare, purché sempre orientati a mantenere i principi e lo spirito della legge del 1983, ma soprattutto di un “ritorno al futuro” dell’Affidamento Familiare.

> “Linee temporali” sull’Affidamento Familiare

È necessario avere sempre presente che, anche nell’Affidamento Familiare:

  • La “durata del tempo” per i bambini e le bambine non è la stessa di quello degli adulti.
  • L’obiettivo è garantire il miglior interesse dei bambini e delle bambine. Nelle decisioni dei Servizi e della Magistratura si deve considerare prioritario il punto di vista del minorenne, orientando le scelte ad individuare e perseguire il miglior interesse per lui e la tutela più adatta, non uniformandosi o privilegiando le volontà degli adulti.

Nel presente contributo si intrecciano quattro “linee temporali” collegate all’Affidamento Familiare:

  • quella delle norme
  • quella “esistenziale”: eventi, incontri, relazioni, esperienze…
  • quella della condizione dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia
  • quella della cultura e dei servizi per il rispetto dei diritti e la tutela dell’infanzia e dell’adolescenza

> 1983: un punto di arrivo e di partenza

L’approvazione della L. 184/1983 “Disciplina dell’adozione e dell’affidamento dei minori” è un punto di arrivo e di partenza.

La L. 184/83 affonda le sue radici nella Costituzione:

L’Art. 2 sui diritti inviolabili dell’uomo e sull’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.

L’Art. 3 sulla pari dignità sociale e sull’impegno a rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona umana.

L’Art. 29 sui diritti della famiglia e l’Art. 30 sul dovere e diritto dei genitori di mantenere, istruire ed educare i figli e sul fatto che legge provvede a che siano assolti i loro compiti nei casi di incapacità.

L’Art. 31 sull’impegno ad agevolare con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l’adempimento dei compiti relativi.

 

L. 184/1983: una delle ultime leggi della legislatura, approvata con una “corsa contro il tempo”, ma solo per paura che non ci si riuscisse; era una legge “pronta” da tempo, che viene da lontano.

Erano “maturi” i tempi per l’approvazione perché esperienze, anche istituzionali, erano state fatte e c’era un “movimento” diffuso nel Paese che dal 1975 si era attivato e ha favorito un decennio di leggi in difesa, garanzia e promozione dei diritti umani (es. voto ai diciottenni, riforma del diritto di famiglia, legge sui Consultori Familiari, legge sulle dipendenze patologiche, legge sulla psichiatria, istituzione del Servizio Sanitario Nazionale…).

L’approvazione c’è stata anche grazie al ruolo dell’associazionismo familiare, non come lobby, ma con un’esperienza, una conoscenza e una consapevolezza e soprattutto un forte senso istituzionale; convinti, allora come oggi, che la titolarità e la responsabilità dell’Affidamento Familiare dovevano, e devono, essere pubbliche.

Un’esperienza per tutte è stata quella del Coordinamento nazionale Dalla parte dei bambini.

Lo cito per le analogie con il Tavolo Nazionale Affido, in quanto rappresentava l’esempio di un impegno collettivo e la consapevolezza che solo lo scambio di esperienze e di idee, la collaborazione e la ricerca di obiettivi comuni da raggiungere era la modalità corretta, funzionale ed efficace per tutelare il diritto a crescere in famiglia per i minorenni e per qualificare gli interventi previsti dalla recente approvazione della legge.  

Ci si ritrovava quasi tutti i mesi a Lucca, nella sede del Centro Nazionale del Volontariato fondato da Maria Eletta Martini: confronti intensi e anche aspri, incontri e relazioni profonde, legami che si sono consolidati negli anni, sempre dalla stessa parte e nella stessa direzione “ostinata e contraria”.

D’altra parte, in quegli anni, rispetto all’infanzia e all’adolescenza si evidenziavano carenze:

– di leggi “strutturali e propositive”,

– di un sistema strutturato di servizi e interventi.

Queste erano lo specchio di una terza carenza, che era “precedente”, culturale e conoscitiva: non c’erano dati e informazioni periodiche e precise sulla reale condizione dell’infanzia e dell’adolescenza nel nostro Paese. Lo stesso ISTAT non aveva conoscenza della condizione dell’infanzia e dell’adolescenza: i “numeri” dei minorenni erano “dentro” quelli delle famiglie.

> 1997: si (ri)conoscono i “cittadini in crescita”

Il 1997 è un anno fondamentale per le politiche pubbliche per i “cittadini in crescita”, come Alfredo Carlo Moro definiva i minorenni; vengono approvate due leggi che, di fatto, fanno nascere il sistema dei servizi per l’infanzia e l’adolescenza in Italia:

Legge 28 agosto 1997, n. 285 “Disposizioni per la promozione di diritti e di opportunità per l’infanzia e l’adolescenza”

Legge 23 dicembre 1997, n. 451 “Istituzione della Commissione parlamentare per l’infanzia e dell’Osservatorio nazionale per l’infanzia”

Punti qualificanti della L. 285/1997 erano:

– L’istituzione del Fondo nazionale per l’infanzia e l’adolescenza

– Il piano territoriale degli interventi

– La strategia delle connessioni tra soggetti pubblici e privati

– L’orizzonte della normalità

La L. 451/1997 ha istituito:

– Commissione Parlamentare per l’infanzia

– Osservatorio nazionale per l’infanzia (che deve predisporre: Piano d’azione nazionale biennale, Relazione biennale sulla condizione dell’infanzia, Rapporto quinquennale alle Nazioni Unite)

– Centro nazionale di documentazione e analisi per l’infanzia e l’adolescenza

L’importanza di queste due leggi è anche culturale perché si collegano, idealmente e operativamente, alla Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza (Convention on the Rights of the Child – CRC), del 1989, ratificata dall’Italia con la Legge n. 176/1991

 

Nella “storia” dell’Affidamento Familiare è necessario ricordare la, prima e finora unica, Conferenza nazionale, dal titolo “Affido familiare: un affetto in più per crescere, per vivere meglio”, tenutasi a Reggio Calabria il 12 e il 13 Dicembre.

Della Conferenza vanno ricordati almeno tre aspetti importanti:

– Il metodo: La Conferenza Nazionale non è stata pensata come episodio isolato, ma come esito di un processo, attuato nei mesi precedenti con delle partecipate “conferenze regionali” in tutto il Paese; un percorso finalizzato ad accogliere la diversità come valore e a favorire la messa in comune delle esperienze locali.

– La presa di coscienza del livello politico, evidenziata da questo passaggio dell’intervento finale della ministra Livia Turco:  “Gli interventi e le testimonianze di queste giornate mi inducono a riflettere su un paradosso della nostra società: rischiamo di dimenticare, trascurare, di far appassire ciò che è fondamentale nella nostra vita ed invece di affezionarci, esaltare ciò che è superfluo, credo che uno dei problemi fondamentali dei bambini del nostro tempo, e di tutti i bambini, sia esattamente questo: li colmiamo, a volte senza accorgercene, di ciò che è superfluo e li priviamo magari di ciò che è fondamentale: capacità di accoglienza, relazioni significative, caldamente affettuose, basate sulla reciprocità.”

– L’individuazione di questioni aperte, ancora attuali:

– Riorganizzazione delle competenze pubbliche

– Integrazione tra sociale e sanitario

– Ambiguità della sensibilità dell’opinione pubblica

– Sostegno della famiglia di origine

– Localizzazione dei servizi

– Temporaneità

– Affidamento a tempo prolungato

– Un progetto per ogni affidamento familiare

– Il Tribunale per i Minorenni e Giudici Tutelari

– Istituzioni e Servizi pubblici

– Rapporti tra pubblico e privato sociale impegnato su affidamento familiare e dintorni

Il 1997 è un anno importante anche per la conoscenza della condizione dell’infanzia e dell’adolescenza nel nostro Paese, con la pubblicazione di:

– Diritto di crescere e disagio – Rapporto 1996 sulla condizione dei minori in Italia

– Un volto o una maschera? Rapporto 1997 sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia.

– Nel Rapporto del 1996 si presentava una descrizione della condizione dei soggetti in età evolutiva guardando prevalentemente alle situazioni di difficoltà che ne potevano compromettere il cammino verso un adeguato sviluppo umano.

– Il Rapporto 1997 ha invece posto attenzione verso le “normali” situazioni di vita in cui si svolge il percorso di crescita dei bambini e delle bambine, analizzando in particolare il processo di costruzione dell’identità, non sempre agevole in una società complessa come quella in cui viviamo, che rischia di sovrapporre ai volti del bambino o della bambina una maschera.

È in quegli anni che si è sviluppata, nel nostro Paese, una attenzione sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza, anche se nell’immaginario collettivo era presente più il “bambino patologizzato” che il “bambino normale”, che pure non trova agevolato il suo cammino verso la maturità.

Alfredo Carlo Moro aveva capito tutto già nel Rapporto 1996, individuando gli “obiettivi” futuri:

– Una nuova solidarietà intergenerazionale

– Una nuova cultura dell’infanzia e dell’adolescenza

– Una particolare attenzione alle disuguaglianze tra le diverse aree del Paese

– Una nuova politica per l’infanzia e l’adolescenza

– Una maggiore attenzione e sostegno al nucleo familiare del minore

– Una razionalizzazione dell’intervento amministrativo nei riguardi dell’infanzia e della gioventù

– Il rafforzamento delle azioni di coordinamento fra le Regioni, gli Enti locali e l’Amministrazione centrale dello Stato

> 2001: un nuovo inizio in un’Italia “arlecchino”

L’approvazione della L. 149/2001 “Modifiche alla legge 4 maggio 1983, n. 184, recante «Disciplina dell’adozione e dell’affidamento dei minori», nonché al titolo VIII del libro primo del codice civile” rappresenta solo in parte un nuovo inizio.

Da una parte ribadisce che i principi ed i valori di riferimento della legge del 1983 rimangono validi e che l’impianto generale “tiene”; dall’altra alcuni elementi della legge sono certamente innovativi:

– il diritto all’ascolto del minorenne che ha compiuto i 12 anni, ma anche di età inferiore se ritenuto capace di discernimento,

– il diritto all’assistenza legale sia per il minorenne che per i genitori,

– l’introduzione sin dall’inizio del procedimento di adottabilità del principio del contraddittorio.

Si coglie nella legge l’intenzione di dare voce al minorenne e alle sue esigenze tuttavia, se davvero si intendeva tutelare tutti i minorenni, le decisioni che li riguardano dovevano essere assunte con tempestività e garantendo “tempi certi” per lo svolgimento dei procedimenti e dovevano essere indicati dispositivi per rendere l’applicazione della legge omogenea e coerente sull’intero territorio nazionale.

Ben più “pesante”, purtroppo, è stato l’impatto sull’Affidamento Familiare (ed in genere su tutte le Politiche ed i Servizi sociali dopo le “speranze” suscitate dall’approvazione della Legge n. 328/2001 “Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali”) dalla Riforma del Titolo V della Costituzione, che, tra l’altro, ha conferito alle Regioni la competenza esclusiva in materia di politiche e servizi sociali.

In un Italia sempre più “arlecchino” si sono sviluppati “uno, nessuno, centomila” sistemi regionali dei servizi sociali e, di conseguenza, altrettanti modi di fare Affidamento Familiare.

Sulla conoscenza è importante ricordare i due Rapporti sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia:

– Nel 2001: Non solo sfruttati e violenti

– Nel 2006: L’eccezionale quotidiano

Il Rapporto del 2001 ha sviluppato, da una parte, alcune riflessioni su aspetti che si pongono come questioni aperte degli anni 2000 che evidenziano come, fuori da visioni apocalittiche, i bambini e gli adolescenti di oggi siano difficili da decifrare e difficili, soprattutto, da “governare”, e dall’altra, una comune strategia per migliorare la vita dei “cittadini in crescita” e consentire a loro sempre di più l’appagamento di fondamentali bisogni di sviluppo umano.

Il Rapporto del 2006 oltre all’analisi puntuale della condizione dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia fa una ricognizione e descrive come le buone pratiche messe in atto dalle amministrazioni dello Stato e dalle associazioni che si occupano, a vario titolo, della promozione e della tutela dei diritti dei cittadini minorenni favoriscono, nella quotidianità, la costruzione sociale dell’identità dei bambini e degli adolescenti, con riferimento alla garanzia dei loro diritti.

> 2012: la stagione delle “linee di indirizzo”

Sul versante normativo è utile ricordare l’approvazione di due leggi che hanno a che fare con l’Affidamento Familiare:

– L. 219/2012 “Disposizioni in materia di riconoscimento dei figli naturali”

– D. Lgs. n. 154/2013 “Revisione delle disposizioni vigenti in materia di filiazione”

Ma il 2012 è importante per un atto normativo di “soft law”, cioè un intervento normativo “leggero” e/o “debole”, che è stato promosso dall’“alto”, ma costruito “insieme” e “dal basso”: le Linee di indirizzo per l’Affidamento Familiare approvate dalla Conferenza Unificata.

Sono “linee di indirizzo” e non “linee guida” (che avrebbero avuto un valore cogente) perché, dal 2001, la competenza è delle Regioni e non del livello centrale statale.

Le Linee di indirizzo del 2012 sono delle “raccomandazioni”, con un approccio complessivo e coerente che valorizza soggetti, strumenti e, soprattutto, orienta il processo operativo dell’affidamento familiare (ri)mettendo al centro i diritti ed i bisogni dei minorenni.

L’impostazione scelta è quella delle “Raccomandazioni e Azioni”, anche per favorire l’incontro e il dialogo tra operatori sociali e operatori sanitari coinvolti nell’Affidamento Familiare.

Le Linee di indirizzo hanno una struttura articolata in tre macro aree:

– i soggetti e il contesto;

– le caratteristiche e le condizioni per l’affidamento familiare;

– il percorso di affido, che è la parte più “innovativa” e potenzialmente più efficace.

I temi affrontati, con le Raccomandazioni, trattano in maniera trasversale l’organizzazione dei servizi, gli strumenti e i rapporti con l’autorità giudiziaria.

Quelle sull’Affidamento Familiare aprono la “stagione” delle “linee di indirizzo”; nel 2017 saranno approvate quelle sull’Accoglienza residenziale dei minorenni e quelle sulle Famiglie vulnerabili per evitare l’allontanamento.

Le Linee di indirizzo hanno “punti di forza” e “punti di debolezza”, ma un valore aggiunto sta nella dimensione esistenziale; ancora una volta è il metodo partecipato con cui sono state costruite:

– realizzate nell’ambito del progetto nazionale “Un percorso nell’affido”, con quattro seminari nazionali tematici in diverse città d’Italia;

– “supportate” da un “sussidiario” per operatori e famiglie: Parole nuove per l’affidamento familiare.

Rispetto alla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza si rileva una “standardizzazione” nella raccolta dei dati, però con una progressiva diminuzione dell’impegno a renderli “informazioni”:

– Relazione sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia 2008-2009

– Relazione sulla condizione dell’infanzia in Italia: 2010-2011

A fronte di aperture su “nuovi” ambiti di conoscenza (condizione di bambini e adolescenti attraverso l’analisi degli indicatori di contesto e di benessere, esperienze di partecipazione e ascolto, minori stranieri non accompagnati…) l’orizzonte culturale “recupera” e “ripropone” tematiche e questioni più “ampie” (promuovere i rapporti tra le generazioni, relazioni familiari in evoluzione e in crisi, genitorialità, sostegno alla genitorialità, le adozioni nazionali, la prima infanzia…).

> 2015: la continuità affettiva è (solo?) legge

L’approvazione della L. 173/2015 … sul diritto alla continuità affettiva dei bambini e delle bambine in affido familiare, tutela le relazioni socio-affettive consolidatesi durante l’affidamento anche quando, dopo un periodo di tempo, il minorenne torni nella famiglia di origine o venga affidato oppure adottato da altra famiglia.

Anche questa legge è stata “voluta” e “sostenuta” dall’associazionismo familiare e pure se ha avuto una grande risonanza, anche mediatica, va rilevato come faccia ancora fatica ad essere compresa nelle sue finalità e applicata in modalità corrette e diffuse.

La Relazione sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia: 2012-2015 sviluppa: uno sguardo d’insieme con dati statistici; povertà dei bambini e delle famiglie; sistema dei servizi educativi; il tema dell’integrazione e dell’inclusione sociale; il sostegno alla genitorialità e il sistema dell’accoglienza.

> 2017: “aggiustamenti” di tiro… Piani e Fondi

La L. 47/2017 “Disposizioni in materia di misure di protezione dei minori stranieri non accompagnati” ha contribuito a regolare organicamente una questione sempre più “complicata”, con ricadute anche sull’Affidamento Familiare.

 

Più in generale, sulle politiche pubbliche, il D.Lgs. n. 147 “Disposizioni per l’introduzione di una misura nazionale di contrasto alla povertà”, ha collegato i tre maggiori fondi sociali (Fondo nazionale per le politiche sociali, Fondo povertà, Fondo per le non autosufficienze) ai rispettivi Piani, elaborati dalla Rete della protezione e dell’inclusione sociale (il Piano sociale nazionale, il Piano per gli interventi e i servizi sociali di contrasto alla povertà, il Piano per la non autosufficienza). Questa norma, per l’infanzia e l’adolescenza, dal 2018 ha avviato l’implementazione delle Linee di indirizzo per l’intervento con bambini e famiglie in situazione di vulnerabilità, con un finanziamento a valere sulla quota del Fondo Nazionale Politiche Sociali.

Un opportuno “aggiustamento di tiro”, in considerazione delle tante criticità che abbiamo incontrato, “da 40 anni”, nell’inserimento scolastico dei bambini e delle bambine in Affidamento Familiare, è rappresentato dall’approvazione, da parte del Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca e dell’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza, delle Linee guida per il diritto allo studio delle alunne e degli alunni fuori dalla famiglia di origine.

Collego a questo anno la pubblicazione di due Relazioni sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia: quella per gli anni 2016-2017 e quella per il 2018 e 2019.

La strutturazione rimane la stessa di quella precedente, ormai consolidata e, quindi, utile per leggere e interpretare l’andamento delle diverse tematiche trattate, ma con focus tematici che suggeriscono le priorità di attenzione:

– 2016-2017 La natalità in Italia al 2017: i dati e le possibili cause della bassa natalità

– 2018-2019 Povertà ed esclusione sociale di bambini e bambine, ragazzi e ragazze

> 2022: timori e speranze

È stato l’anno del D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 149 e s.m.i., la cosiddetta “Riforma Cartabia” che ha introdotto il Tribunale unico per la famiglia e le persone, prevedendo, tra l’altro, un rito unico per le controversie in materia di persone, minorenni e famiglie, con obiettivo primario l’effettività della tutela dei bambini, oltre quella dei genitori, nelle crisi familiari. Alcuni elementi della riforma sono positivi (ad esempio: l’ascolto del minorenne e la mediazione familiare), altri da verificare (come il “piano genitoriale”), altri ancora preoccupano perché, come la disposizione per cui il minorenne possa essere affidato ai servizi sociali solo quando si trovi in una condizione di pregiudizio che richiede l’applicazione di una misura di limitazione della responsabilità genitoriale, rischiano di “eliminare” gli affidamenti familiari consensuali, che invece hanno un grande valore per il supporto al bambino e alla sua famiglia.

Ci sono state critiche durante il percorso di questa riforma, ma il Parlamento ha più che legittimamente deciso di approvarla.

Al di là dei limiti oggettivi dell’operatività dei Tribunali per i Minorenni, personalmente reputo una perdita il fatto che non ci sarà più un Tribunale di “parte”, che per definizione privilegia(va) i diritti e gli interessi dei minorenni, riconosciuti come “parte” più debole rispetto agli adulti. Al di là delle preoccupazioni su formazione, poteri e responsabilità del “nuovo” Curatore del minorenne, non immagino “senza conseguenze” questo “passaggio di testimone”.

È stato anche l’anno dell’avvio dell’operatività del Piano di Azione Nazionale della Garanzia Infanzia (PANGI), in inglese “Child Guarantee”, l’iniziativa dell’Unione europea che ha lo scopo di assicurare a bambini e adolescenti in situazioni di vulnerabilità l’accesso a servizi di qualità. Tra le aree dell’iniziativa va evidenziata quella dell’affidamento familiare per minorenni particolarmente vulnerabili: 0-6 anni; con disabilità; stranieri.

Per l’aggiornamento delle Linee di indirizzo sull’Affidamento Familiare, presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, è attivo un Tavolo congiunto di confronto sulle Linee di Indirizzo Nazionali sull’Affidamento Familiare e sulle Linee di indirizzo per l’accoglienza nei Servizi residenziali per minorenni.

Le finalità di questo tavolo sono l’aggiornamento e il “collegamento” con le politiche per le nuove generazioni di competenza del Ministero e, in particolare, con la “Child Guarantee”.

Diverse sono le componenti del tavolo, soggetti pubblici e del privato sociale, che hanno offerto molti contenuti “a campo aperto”: una ricchezza di contributi, stimoli importanti ed utili che troveranno adeguato riscontro nell’esito del lavoro, centrato sull’indispensabile aggiornamento normativo, dal 2012 ad oggi.

Solo per inciso, ma sottolineando la negatività del fatto in se e delle implicazioni, “culturali” prima ancora che conoscitive, va rilevato che, dal 2019, non è stata più pubblicata alcuna Relazione sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia.

> 2023: sostanza alla forma, “vigilare”, rilanciare

La Legge 24 febbraio 2023, n. 14 (Milleproroghe) ha dettato termini e scadenze della “Riforma Cartabia” per cui è questo il momento per dare (buona) sostanza alla forma, accompagnando la sua attuazione, vigilando sulla applicazione nel rispetto dei diritti dei minorenni a rischio di allontanamento e allontanati dalla propria famiglia.

Confidiamo che la “dimensione esistenziale” sia rappresentata dall’importante Convegno di oggi, di cui però scriveranno sugli effetti, spero non solo culturali, al prossimo Convegno dei 50 anni dalla L. 184/1983.

Sul versante della cultura dei diritti, ma proiettato nell’operatività ed nel rilancio delle politiche e dei servizi che, necessariamente, avrebbe un riverbero positivo anche sull’Affidamento Familiare, c’è il “segnale” del nuovo “Manuale di programmazione e progettazione dei servizi per le nuove generazioni”, a 20 anni dai due manuali della L. 285/97: una “scintilla” per riaccendere le politiche sociali per l’infanzia e l’adolescenza su tutto il territorio nazionale.

Purtroppo sulla conoscenza della condizione dell’infanzia e dell’adolescenza c’è un punto interrogativo… il non aver (ancora) dato continuità alla pubblicazione biennale della “Relazione sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia” costituisce un “vulnus” che va superato al più presto.

> Per dare un futuro all’Affidamento Familiare 1/3

  • Riconoscere che l’Affidamento Familiare è un “paradigma” della possibile e necessaria integrazione tra più attori e sistemi: pubblico/pubblico, pubblico/privato, privato/privato…

L’Affidamento Familiare: è un “Istituto” giuridico, ma anche uno “Strumento” di aiuto per il bambino e la sua famiglia, un “Percorso” di integrazione tra i tanti attori pubblici coinvolti e le formazioni sociali, un “Processo” di cambiamento culturale, un “Sistema” di interventi ad elevata complessità relazionale, organizzativa e gestionale.

L’Affidamento Familiare risponde ad un diritto del minorenne, rappresenta un’opportunità di sostegno per la famiglia di origine e di crescita per la famiglia affidataria, è un’occasione per esprimere l’attenzione, la competenza e la solidarietà della collettività verso chi fa più fatica… ed è proprio in questa molteplicità che si può cogliere il valore sociale, culturale e politico dell’Affidamento Familiare.

L’Affidamento Familiare non è l’unica risposta possibile alla necessità di allontanare temporaneamente un minore dalla famiglia; a bisogni diversi deve corrispondere un ventaglio di risposte adeguate e appropriate: affidamento o, meglio, affidamenti, accoglienza residenziale.

L’accoglienza di un minorenne in una famiglia non sua, per la sua natura e le sue conseguenze, non è una questione privata ma un fatto sociale, che deve impegnare l’intera comunità locale oltre i soggetti direttamente coinvolti (il bambino, la famiglia di origine, la famiglia affidataria, il sistema dei servizi sociali e sanitari, il sistema giudiziario).

L’Affidamento Familiare non è un “affare di famiglia”, è un modo per sperimentare la “familiarità” estesa.

È sempre più indispensabile cercare e conseguire le “coerenze di sistema” per l’Affidamento Familiare nel sistema di protezione e tutela dei minorenni.

Il consolidamento dei servizi dedicati all’Affidamento Familiare deve andare di pari passo con una collaborazione leale e correttamente orientata tra tutte le istituzioni impegnate in questo “piccolo, ma fondamentale” intervento: servizi sanitari, servizi sociali, magistratura, scuola…

Il “prima”, il “durante” ed il “dopo” dell’Affidamento Familiare possono essere finalizzati positivamente all’interesse del minorenne solo se si coinvolgono anche gli attori non istituzionali vicini ai bambini e alle bambine.

> Per dare un futuro all’Affidamento Familiare 2/3

  • Avere la consapevolezza che la Famiglia Affidataria è un “paradigma” della famiglia, pur con tutti i difetti ed i limiti di ogni famiglia

L’Affidamento Familiare è un “termine di paragone” perché la famiglia affidataria, se non lasciata sola, “in rete” con altre famiglie e “insieme” alla famiglia di origine, non è un “modello”, ma un esempio del possibile modo di vivere pienamente il senso di famiglia, che accoglie e accompagna la vita.

Il valore della famiglia sta nel richiamo ai legami forti, di fiducia, di sintonia, di affettività, di cura, di responsabilità.

Per rispondere alla diffusa crisi d’identità della famiglia, con l’Affidamento Familiare si propone un modello familiare centrato su relazioni e legami significativi.

La famiglia viene pensata (e si cerca di viverla) come luogo di dialogo, di comunione, di crescita dell’identità, come testimonianza di fedeltà ad un progetto.

La famiglia affidataria raccoglie la sfida di giustizia e solidarietà.

Con la loro scelta di accoglienza, gli affidatari concorrono alla realizzazione di precise competenze istituzionali.

La famiglia affidataria non è un “utente” e non si pone come operatore, si configura come risorsa forte, partner dei Servizi pubblici, che si mette a fianco della famiglia d’origine, realizza una condivisione di esperienze e una compartecipazione tra due famiglie che camminano insieme per un tratto della loro storia, nell’interesse del minorenne.

L’Affidamento Familiare è un’opportunità di sperimentare e qualificare la cittadinanza responsabile per le persone, le famiglie (di origine e affidatarie), le formazioni sociali e le istituzioni coinvolte.

Un piccolo “corollario”:

Un affidamento non può essere giudicato riuscito o no in base alla sua durata e al rientro o meno del bambino nella sua famiglia d’origine (anche se questo rimane l’obiettivo): un buon affidamento è tale se risponde alle reali esigenze del bambino e della sua famiglia, quando aiuta a mantenere e, per quanto possibile, a rinforzare i legami del bambino con la famiglia d’origine. L’Affidamento Familiare è un’opportunità di riunificazione familiare; con esso ogni bambino può riconciliarsi con la propria storia.

L’affidamento presuppone un vero e profondo coinvolgimento affettivo: non si può certo sostenere che gli affidatari devono mantenere un “distacco emotivo” nei confronti del bambino affidato: tanto varrebbe allora “riaprire gli istituti”. Bisogna imparare a coesistere con i genitori d’origine nella realtà del bambino, a valorizzare le loro possibilità: chi può dire che a un bambino può far male essere aiutato da più persone? Fa male invece se fra chi lo ama esistono competizioni e rivalità; se, di fatto, si mette il bambino di fronte a una scelta (come capita purtroppo anche per diversi figli di coppie separate).

“Una famiglia in più” non è uno slogan, ma una caratteristica peculiare dell’Affidamento Familiare, che costituisce anche uno spazio di reciprocità e di solidarietà tra due famiglie.

> Per dare un futuro all’Affidamento Familiare 3/3

  • Riconoscere l’Affidamento Familiare come Livello Essenziale delle Prestazioni Sociali
  • Ora si può/si deve

Nel 2021 la Rete della protezione e dell’inclusione sociale prima e la Conferenza Stato Regioni poi hanno approvato il Piano nazionale degli interventi e dei servizi sociali 2021-2023 che ha riconosciuto il Programma di Intervento Per la Prevenzione dell’Istituzionalizzazione come Livello Essenziale delle Prestazioni Sociali… Quel programma era stato oggetto di specifiche Linee di indirizzo analoghe a quelle sull’Affidamento Familiare

  • Come?

Facendo riferimento ai contenuti delle Linee di Indirizzo sull’Affidamento Familiare:

– Tempestiva valutazione della situazione familiare e personale del bambino

– “Centro per l’Affidamento Familiare” con equipe interdisciplinare sociale e sanitaria

– Radicamento in ogni Ambito Territoriale Sociale e Distretto Sanitario, possibilmente coincidenti

– Metodologia unitaria e contestualizzata territorialmente: Azioni di contesto (Promozione, Informazione, Formazione degli affidatari); Progetto Quadro e Progetto di affidamento; Costituzione dell’équipe sul caso; Abbinamento; Accoglienza del bambino; Accompagnamento, sostegno e verifica dell’Affidamento Familiare; Conclusione del progetto di Affidamento Familiare

– Partecipazione del bambino e della bambina alla costruzione del proprio futuro

 

Stefano è nato nel 2000. È arrivato nella nostra famiglia all’età di 6 anni, ci è rimasto fino alla maggiore età. Ha sintetizzato così la sua esperienza di Affidamento Familiare:

“L’affido per me è vivere al meglio il manuale della vita”     (Stefano P.)

La legge 184: un percorso storico esistenziale dal 1983 ad oggi
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